Basile, letterato
partenopeo di epoca barocca, per primo adoperò la favola di tradizione orale
per farne forma di scrittura popolare stilisticamente composita. Nel suo
capolavoro, "Lo cunto de li cunti", o “Il Pentamerone”, racconta una
serie di fiabe che hanno ispirato, e continuano a farlo, celebri favolisti
europea come Perrault, Andersen o i fratelli Grimm, dando vita ad opere famose
coma “Cenerentola”, “La bella addormentata nel bosco”, “Raperonzolo”.
Manlio Santanelli da
sempre mescola nella sua scrittura la profondità e l’assurdità della vita reale
(… o anche no) con un’ironia decisamente di matrice partenopea, sempre
argutamente in equilibrio tra il comico e il tragico. Altra cifra distintiva
del suo scrivere, la capacità di tessere un linguaggio originale, sorprendente,
che amalgama l’italiano con la lingua napoletana, fino a farli fondere e
confondere.
Nelle sue nuove
favole, però, impera un idioma, a volte addirittura ‘inventato’, che non
ricorre né al napoletano a noi più familiare, né all’italiano, ma ci fa
rivivere l’incanto, l’efficacia narrativa e la sonorità di testi di ‘basiliana’
memoria.
Queste favole -
nella loro scrittura antica, nel loro linguaggio nato per la lettura più che
per la scena - diventano teatro grazie a due interpreti rigorosi come Federica
Aiello e Maurizio Murano. La regia è minimalista, ironica, e in alcuni “a
parte” ci porta fuori dalla racconto per parlarci con la voce non dei
personaggi ma degli attori stessi.
Lo spettacolo che ha per titolo “Ce steva 3 vvote”
si articola intorno a tre favole tratte dal libro “DIECI FAVOLE ANTICHE alla
maniera di G.B. Basile” di Manlio Santanelli.
Le favole, nell’ordine in cui verranno
rappresentate, sono “Lo cunto de Ficuciello”, “Lo rre e la zoccola” e “Lo cunto
de Briggetella”.
Va da sé che, per vivacizzare laperformance, a volte
i due attori assecondano i dialoghi contenuti nelle favole, altre volte si
alternano nella narrazione delle stesse seguendo un criterio che non risponde
tanto alla logica quanto alla suggestione dei contenuti stessi.
Lo spettacolo non ricorre a trucchi scenici o a
costumi particolari, ma punta unicamente sulla versatilità degli attori che lo
interpretano. Non a caso alla voce “regia” si legge “quanto basta”.
Il senso ultimo, di conseguenza, risiede
nell’intenzione di ricreare il tipico clima nel quale unnarratore si rivolge a
un bambino per propiziare il sonno della notte.


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