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martedì 21 ottobre 2025

MONZA - CESARE ANDREONI FUTURISTA - a cura di Massimo Duranti e Andrea Baffoni - in collaborazione con l’Archivio Cesare Andreoni


LeoGalleries, in collaborazione con l’Archivio Cesare Andreoni, presenta la mostra di Cesare Andreoni (1903-1961), artista poliedrico e complesso, vissuto nella Milano in fermento del Futurismo. Si propongono 15 opere, tra olii e chine, edite e inedite, riferibili al periodo propriamente futurista.

 

Pittore, grafico, scenografo, con un interesse particolare per l’arredo, la moda e l’ambientazione, in perfetta sintonia con ciò che si sostiene in “Ricostruzione futurista dell’universo”, manifesto del 1915 firmato da Balla e Depero, Andreoni muove i primi passi nell’orbita futurista aderendo formalmente al Movimento nel 1924, in occasione del I Congresso Futurista che si svolge a Milano. Dopo varie esperienze in mostre collettive (partecipa inoltre alle Biennali di Venezia del 1930 e 1940, e alle Quadriennali di Roma del 1935, 1939 e 1943), nel 1931, anno in cui, insieme a un gruppo di colleghi, aderisce al Manifesto dell’Aeropittura, tiene la sua prima personale a Genova, dove convivono opere figurative della prima metà degli anni Venti e lavori futuristi della fine dello stesso decennio.

 

Raffaele Carrieri, nella presentazione in catalogo, dopo aver descritto la pittura degli inizi, analizza quella più recente: «Il colore cambiò timbro e consistenza. […] Andò oltre la superficie, sotto la pelle, per studiarne l’abbagliante anatomia, la vibrazione dei fasci di nervi metallici, gli incastri, le aderenze perfette, le intersecazioni sibilline. Studiò eleganze di fusoliere e tagli di profili ermetici; fuse l’opacità di una valvola di alluminio col pallore di un volto femminile; pupille magnetiche che si bagnavano in sguardi umidi». 

Un esordio quindi “meccanico”, che lo vede impegnato anche nel campo della progettazione, della grafica, dell’arredo (è del 1928 l’apertura a Milano della sua Bottega d’arte, impegnata nella realizzazione di arazzi, cuscini, vestaglie, trousse, scialli, oggetti...).

Nel giro di pochi anni, nel lavoro di Andreoni si affaccia da un lato un interesse per la complessità delle atmosfere, e dall’altro l’aeropittura (che da metà degli anni Trenta si orienta verso aspetti più documentaristici e illustrativi). Nessun genere, tuttavia, predomina rispetto agli altri. Anzi, sul finire degli anni Trenta, compaiono anche suggestioni cosmiche dovute alla vicinanza di Prampolini.

 

Su questi anni di fervente inventiva si incentra la mostra promossa da LeoGalleries e dall’Archivio Cesare Andreoni. Articolandosi tra opere edite e inedite, il percorso espositivo prevede una serie di olii e chine degli anni Venti-Trenta di chiara impronta futurista, capaci di restituire al pubblico il ritratto di un artista che ha saputo attraversare una delle più intense, febbrili e importanti stagioni artistiche del Novecento.

 

La modernità (tanto cara all’Avanguardia di Marinetti), anche se non sempre protagonista a livello tematico, emerge nel trattamento della composizione: colori, forme, costruzione dei piani si ritrovano sia nelle ambientazioni urbane che nelle visioni più paesaggistiche. Come suggeriscono i titoli delle opere presenti in mostra, Andreoni non dipinge città ma “Metropoli”, quasi sempre sorvolate da aeroplani che tagliano cieli notturni, tra imponenti viadotti e grattacieli squadrati, quasi monolitici, dalle cui finestre brilla la potenza di centinaia di lampade elettriche. Il verde della natura torna nei dipinti dedicati al “Galoppo” (1937) e alle “Auto in corsa” (1935), due motivi pittorici da sempre apprezzati dai futuristi, a partire dalle ricerche sulla velocità e il dinamismo di Balla e Boccioni. Le chine su carta, invece, risentono dell’affermarsi di un nuovo clima stilistico all’interno del Movimento. Il “mondo visto dal cielo” dell’aeropittura, innesta arditi scorci prospettici tra gli intrecci d’ali dei velivoli in una dinamica frammentazione geometrica, incorporando aeroplani, paracadutisti e perfino motoscafi. Andreoni ha saputo interpretare con la stessa originalità anche trame e soggetti meno convenzionali al repertorio futurista. Tra le opere esposte è il caso dei dipinti “La tempesta” (1927-1930) e “Le danzatrici” (1927-1928), in cui l’energia e lo slancio dell’Avanguardia riverberano ora nel furore di un fulmine, ora nel vortice di un ballo.

 

Come scrive Massimo Duranti nella presentazione della mostra, «nell’ambito degli sviluppi del Movimento marinettiano degli anni dalla metà dei Venti in poi, il Futurismo milanese ha svolto un ruolo importante e in questo ambito spicca la figura multiforme di Cesare Andreoni, il quale, insieme a un gruppo di futuristi, costituisce uno dei “luoghi del Futurismo”, termine che codificò Enrico Crispolti nel lontano 1982 in occasione dell’ormai “storico” convegno a Macerata. I “luoghi” esplosero soprattutto negli anni Trenta, ma gruppi futuristi locali e regionali ne nacquero già verso la metà dei Dieci. Vicende queste importanti nella storia del Futurismo, incredibilmente dimenticate nella mostra (e nel catalogo) sul Futurismo alla GNAMC dello scorso anno, così come è stato inconcepibilmente cancellato, lo stesso Andreoni, il quale negli esiti appare figura di rilievo negli sviluppi temporali, appunto, per aver operato nel solco della “ricostruzione futurista dell’universo” e del concetto di “arte-vita”».  

 

La partenza per il fronte nel 1941, segna un profondo cambiamento per Andreoni. Nei suoi “quaderni di guerra” narra fedelmente la crudeltà di un conflitto in cui vinti e vincitori patiscono lo stesso tragico destino.

L’esperienza al fronte lo prova gravemente soprattutto livello fisico.

Nel dopoguerra, la sua pittura risente di ascendenze metafisiche e surreali ma, pur continuando a lavorare ed esporre, la sua è la figura di un isolato. Muore nel 1961.

CESARE ANDREONI (Milano, 30 giugno 1903 - Milano, 1 luglio 1961)
Sostanzialmente autodidatta, si forma di fatto “sul campo” seguendo il Futurismo di Marinetti, con il quale stringe un rapporto di sincera amicizia. Nel 1927 realizza il primo dipinto futurista e da allora è presente in numerose rassegne con gli esponenti del gruppo, tra cui le Biennali di Venezia (dall’edizione del 1930 a quella del 1940) e le Quadriennali di Roma del 1935 (citato nella presentazione), 1939 e 1943, nonché a rassegne in Italia e all’estero.

Nella produzione legata al Futurismo, Andreoni si avvicina dapprima alla cosiddetta estetica meccanica; in seguito elabora forme morbide, vicine alle coeve ricerche dell’amico Prampolini, con il quale collabora in più di un’occasione. Infine nel 1931 sottoscrive con il gruppo dei Futuristi milanesi – Munari, Manzoni, Duse, Gambini e Bot – il Manifesto dell’Aeropittura, proponendo nelle sue opere una visione dall’alto improntata a una certa liricità, cui segue una quarta fase nella quale i dipinti si caratterizzano per la rappresentazione di temi bellici, molti di carattere aviatorio.

Fondatore nel 1928 dell’unica bottega milanese, negli anni si dedica anche alla grafica, alla pubblicità, all’illustrazione, alla progettazione.

Dopo aver partecipato come corrispondente di guerra al Secondo conflitto, sul fronte balcanico prima e su quello russo poi, Andreoni rientra a Milano molto provato fisicamente, ma continua a lavorare, elaborando disegni che testimoniano l’esperienza al fronte, ma anche paesaggi dei luoghi in cui soggiorna, progetta allestimenti, e realizza infine opere pubblicitarie e illustrazioni.

 
ARCHIVIO CESARE ANDREONI
Nato nel 1989, si è costituito come associazione nel 1992. L’attività è volta alla conservazione, alla tutela e alla promozione dell’opera dell’artista, raccogliendo negli anni le informazioni relative alla sua vicenda artistica e umana e divenendo quindi un punto di riferimento per studiosi, collezionisti, galleristi e case d’asta.

https://www.cesareandreoni.com/

cesareandreoni.archivio@gmail.com

 

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