Ideato dal visionario proprietario Luca Iannuzzi e realizzato dallo chef Emanuele Esposito, "Il Cerino dei Lazzari" rivisita il settecentesco timballo dei Monsù – quei maestri francesi al servizio dell'aristocrazia borbonica – sostituendo i bucatini della ricetta originale con maccheroni rigati.
Un gesto simbolico che narra la metamorfosi di Napoli: dal popolo "mangiafoglie" del primo Settecento a quello "mangiamaccheroni" grazie al torchio per pasta e al grano duro, elevato a rango regale da Re Ferdinando I, il Lazzarone per eccellenza, che lo divorava con le mani.
Al taglio, il timballo sprigiona una cascata di maccheroni immersi in un ragù napoletano "pappuliare" – cotto lento per ore con salsiccia di maiale, gallinella, muscolo di bovino e tracchie – impreziosito dalla scamorza affumicata e dalla melanzana rustica.
È un ponte tra palazzo e lazzari, tra corte e strada, che incarna l'essenza universale della nostra cucina: radicata nel territorio, capace di abbattere classi e farsi storia viva.
A completare il rito, il bar manager Mirko Lamagna firma il cocktail "Vapore di Stabia", omaggio alla prima nave a vapore italiana, il Real Ferdinando, varata nei cantieri di Castellammare.
Rivisitazione sapida del Gimlet – gin, lime e infusione di alga wakame per una nota marina profonda – servito su ghiaccio cristallino marchiato a caldo, eleva l'esperienza a capolavoro di mixology borbonica.
L'evento ha visto la presenza del professor Nicola Zambrano dell'Università Federico II, curatore del volume "Aneddoti e ricette a corte di Federico II nel XXI secolo", aprendo a collaborazioni con l'Associazione "Federiciani tra Scienza, Cucina e Cantina - APS" per valorizzare il patrimonio napoletano con iniziative solidali e innovative.
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